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STOP GREENWASHING

Tratto dal famosissimo “you do’t hate mondays”, ecco una riflessione sulla caldazza estiva.

Poche cose sono chiare come il ruolo umano nel surriscaldamento globale e i fenomeni angropogenici che stanno distruggendo il pianeta.
La relazione causa/effetto di un disastro ambientale, come quella tra uomo e natura, è sempre più evidente: l’accumulazione e l’accelerazione di ‘incidenti’ che di naturale hanno ben poco e molto, al contrario, di artificiale, inserisce gli stessi disastri nella categoria della ‘inevitabilità’ – per consentire al modello di sviluppo attuale di perpetrarsi – e non più in quella del rischio: invece di anticipare l’evento dobbiamo solo attenderlo. Come sostiene Beck, la catastrofe viene normalizzata.
Luca Mercalli sostiene che ‘I problemi ambientali potevano essere curati in modo ottimale se fossimo partiti 40 anni fa, non l’abbiamo fatto e ormai ci siamo dentro.’ e non ha torto, ovviamente.

Eppure poche concetti sono così restii ad essere accettati come il fatto che il capitalismo è alla base del sistema di produzione e consumo che è la prima causa sociale alla base di tutti gli interventi umani che hanno provocato il cimate change e la distruzione dell’ecosistema.
Il concetto di sviluppo infinito, base del capitalismo, si sta sempre più scontrando con la realtà; urge un dibattito concreto sui limiti imposti dalla natura e dalle leggi biochimiche. Negli ultimi anni le nuove tecnologie non sono state in grado di risolvere il problema nato tra l’incapacità di creare energia rinnovabile infinita e la spinta a continui maggiori consumi, ed è ormai evidente che la rincorsa all’accumulazione del sistema capitalistico è in piena antitesi con la limitatezza delle risorse e con il rapporto uomonatura.

Lo scontro tra due culture di pensiero, da un lato quella produttivista e consumistica e dall’altro quella della decrescita e anticonsumistica, rimane all’interno della logica dell’attuale modello economico, quello capitalista. Per poter costruire un’alternativa credibile occorre invece uscirne, e integrare nel dibattito l’aspetto delle leggi della termodinamica.
Qualsiasi processo comunicativo o pubblicitario che ci vuole indurre a consumare qualcosa invece di non consumarlo è e resta un mero “greenwashing” in tutto e per tutto inefficace a meno di provare a rovesciare l’intero sistema di pensiero e rapporto col consumo.
Nel duplice carattere della merce, valore d’uso e valore di scambio, sta dunque la contraddizione fondamentale; da un lato vi è il processo di lavoro, dall’altro quello di valorizzazione. Il primo è quella forza in grado di regolare il ricambio organico con la natura, una forza del tutto naturale che sta nel semplice atto di movimento e trasformazione della materia e dell’energia; il secondo esce invece da questa logica e da un orizzonte collettivo, trasformando il lavoro in uno strumento per l’accumulazione capitalistica e imponendo un dominio che è sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. Fino alla sua distruzione, come mostrano i dati odierni sul cambiamento climatico e l’inquinamento del pianeta.
La questione ambientale quindi è direttamente collegata al sistema di produzione capitalistico, e cercare soluzioni all’interno di questo modello di sviluppo ha ben poco senso. È inutile mettere in piedi battaglie per la difesa dell’ambiente e del territorio se la prospettiva della lotta non è anche anticapitalistica.

Anno

2019

Mese

Agosto